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TANINO BONIFACIO
Presentazione
in catalogo in occasione della mostra personale
presso
LOFT COMUNICAZIONE E ARTI VISIVE
Via Sammuzzo, 35 - Palermo
[…]
nei linguaggi umani non c’è proposizione
che non implichi l’universo intero; dire
la tigre
è dire le tigri che la generarono, i cervi
e le testuggini che divorò, il pascolo
di cui si alimentarono i cervi, la terra che fu
madre del pascolo, il cielo che dette luce alla
terra.”
Così come la complessità dei linguaggi
umani analizzata da Jorge Luis Borges, in un frammento
del suo L’Aleph, anche la storia artistica
di Franco Panella è il risultato di una
catena di relazioni, un infinito intrecciarsi
di esperienze vissute, di cose viste e assaporate,
di universi pensati e attraversati.
Nel suo percorso creativo “non c’è
proposizione che non implichi l’universo
intero” della vita
e dell’arte, un vero avvilupparsi di sostanze
ed esistenze che suggerisce l’immagine del
fiume in piena che trascina con sé le cose
più diverse, impensate o mai frequentate.
Se l’Aleph borgesiano è “il
luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti
i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”,
l’opera pittorica di Panella è un
crogiolo esperenziale, un palinsesto nel quale
abitano, si stratificano e convivono le molteplici
esplorazioni linguistiche passate e presenti,
programmate o casuali, esplorazioni realizzate
in un viaggio creativo lungo più di vent’anni
che oggi viene raccontato nella mostra antologica
“Franco Panella 1988-2008”.
Questa antologica, percorrendo un itinerario umano
e culturale, si propone la ricostruzione analitica
di una intrigante avventura testimoniante quella
grande capacità dell’artista siciliano
di cogliere la dimensione poetica nella vita,
al cospetto di un’arte contemporanea che,
catapultata in un infinito hic et nunc e in un
nevrotico bisogno di aderire al presente, riduce
in macerie la storia del Pensiero creativo.
Una mostra la quale racconta di un’opera
d’arte frutto di passaggi formali e contenutistici,
costruita mediante l’accumulo, la sovrapposizione
di energie sempre aperte allo sguardo del fruitore,
opera narrata con una personale ed originale fedeltà
formale tanto da divenire riconoscibile, fortemente
identitaria e leggibile istintivamente.
Un’antologica non preoccupata di offrire
una lettura organica o un “unicum poetico”,
che non propone l’esercizio di intenti programmatici,
ma che riunisce in sé le tracce indiziarie
di pensieri, intuizioni, variazioni tematiche
ed esistenziali.
Benché si precisano date e si ripercorrono
linguaggi formali, “Franco Panella 1988-2008”
è una mostra priva di una mera filologia
dello scorrere del tempo creativo e, dunque, si
struttura attraverso il valore testimoniale di
un’arte che nella sua storia ha attraversato
la complessa fenomenologia dell’Informale,
la semantica del segno simbolico inciso sui Muri,
oppure l’emotività materico-geologica
dei Libri-Pagine in terracotta come dichiarati
affioramenti di un’estetica legata al bisogno
di un pensiero primordiale.
Un iter di transizione stilistica che ha trovato
nella materia la sua ragion d’essere, ieri
materia informe e decomposta come grado zero dell’immagine,
oggi esplicita narrazione delle memorie, dei frammenti
della vita individuale e collettiva.
Con le ultime opere l’artista ci propone
un rinnovato processo creativo che sul piano ideale
e concettuale si affranca dal quel territorio
già esperito dell’informale empatico,
di un fare
pittorico contrassegnato da forti umori esistenziali.
Dall’impetuosità del gesto corporale,
dal brano espressivo fondato esclusivamente sulla
realtà materica, come accadeva nel ciclo
dei Muri (pagg. 16,17) o dei Libri-Pagine (pagg.
22,23), oggi Panella passa a concepire una nuova
idea dell’arte fondata su dettami linguistici
più razionali, un progetto ri-pensato,
sensibile al tema della comunicazione e della
fruizione dei significati.
Ne sono esempio le ambivalenze, le comparazioni,
o meglio, le contrapposizioni appartenenti al
ciclo dei dittici “Materie e Sguardi”,
tavole che da un lato accumulano stratificazioni
di archeologie materiche, segni di memorie fossili
incastonate su terrecotte manufatte, dall’altro
accolgono volti femminili come pura metafora del
“corpo della pittura” e di quella
natura umana obliata sotto l’incedere della
marea del banale.
Tutto ciò fa dell’artista un uomo
che ricerca nella, o nelle forme della vita presente
la “visione” delle sostanze vere delle
cose. Non la “visione” quale sogno
o immaginazione, ma la “visione” come
sguardo verso le forme seminascoste abitanti l’ombra,
quelle forme della bellezza che precariamente
sostano nei luoghi meno noti, nelle pieghe di
una realtà solo apparentemente insondabile.
Per queste ragioni l’opera di Panella realizza
l’esplicito tentativo di costruire una “poetica
dello sguardo”, ovvero una nuova “visione”
del reale, un nuovo modo di leggere quell’universo
di immagini mediatizzate invadenti l’esistere,
governanti il nostro guardare le piccole e grandi
cose del quotidiano.
Dare consistenza all’ombra, ombra contenente
l’imprevedibile frammento di realtà
che l’artista mette in luce svelandone l’origine
sensibile: oggetti, scritture, colori, suggestioni
materiche, veri e propri catalizzatori espressivi
di energia umana.
Siamo certi che questa mostra svela al pubblico
un fare artistico autoriflessivo e un esercizio
investigativo rivolto soprattutto al campo del
linguaggio. Una ricerca analitica la quale considera
l’opera d’arte non solo come il dato
terminale di un processo concettuale, ma anche
o oprattutto come il luogo fisico e simbolico
di una profonda meditazione intorno all’arte
e all’uomo.
Per tale declinazione interrogativa questa mostra
antologica non si presenta come una sequenza di
lavori legati tra di loro da rapporti lineari,
ma diviene un vero e proprio diario contenente
gli appunti di ricerca sul quale l’artista
ha annotato la geografia di territori sconosciuti,
un nuovo regno dell’arte celebrante l’elogio
del non finito e del non concluso quale identità
basica della creazione.
Palermo, Febbraio 2008 |
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